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mercoledì 20 febbraio 2013

Piazza Risorgimento: il cuore di Cernobbio ("La Riva")


Cernobbio offre panorami mozzafiato.  La sua posizione strategica, la  bellezza  del lago di Como,  la sua gente e la sua storia rendono la cittadina amata e visitata da moltissimi turisti. Cernobbio è oggi riconosciuta come una rinomata località turistica di livello nazionale ed  internazionale. Ci sentiamo di dire che Piazza Risorgimento altrimenti conosciuta come “Riva” è il suo cuore..



Un’ampia piazza che si affaccia direttamente sul lago ed offre un panorama incantevole durante tutte le stagioni dell’anno. Un bellissimo imbarcadero in stile liberty, conservatosi magnificamente, offre un comodo servizio per raggiungere con il battello tutte le località più belle del lago. La portineria, anch’essa in stile liberty, di Villa Gastel che contribuisce all’arricchimento del  panorama rendendolo quasi da fiaba.



Non può certo passare inosservato  il Monumento ai Caduti, inaugurato il 18 marzo 1923,  che troneggia su tutta la piazza ed situato di fronte all’imbarcadero. L’opera è composta da  un gruppo di figure in bronzo dello scultore  Angelo Galli che rappresenta   le  principali tappe dell’unità dell’Italia. La statua è posta su un alto basamento di granito. Nel 1945 è stata aggiunta al monumento  una lapide in ricordo dei caduti della seconda Guerra Mondiale, e l’ultimo restauro del monumento è datato 1986.
 


Tutta la Riva è alberata e circondata da panchine per dedicarsi al relax lasciandosi rapire dalla bellezza  del luogo. Non può mancare uno spazio per i bambini .. in Riva  c’è  un parco giochi  dove i più piccoli possono giocare in sicurezza, mentre mamma e papà si godono un buon caffè in uno dei locali presenti in piazza. Sempre per i bambini segnaliamo la presenza di   una piccola giostra. Ovviamente non mancano i luoghi di ristoro: in Riva a Cernobbio sono presenti quattro bar ristoranti tutti con tavoli all’aperto, che accolgono migliaia di turisti e visitatori durante la bella stagione. Uno dei locali ha a disposizione una piscina aperta al pubblico durante l’estate. In “Riva” avrete anche la possibilità di noleggiare una barca per godervi una bella gita sul lago in libertà.

 

In questo luogo vi è anche la sede della Canottieri Cernobbio e di fronte ad essa un  molo ottocentesco datato 1878. Degna di nota anche la fontana, che spesso d’estate ospita una coppia di germani che sembrano essere a loro agio mentre si fanno fotografare dai turisti.
 

 
 

Sembra un’esclamazione esagerata , ma  passeggiare per la Riva, udire le risate gioiose dei bambini mentre giocano o danno da mangiare ai cigni e ai gabbiani al molo, incontrare le persone sorridenti a spasso con in proprio cane, sedersi su una panchina magari in compagnia di un buon libro e godere di uno dei panorami più belli del Mondo è un’esperienza molto appagante, appagante e straordinaria nella sua semplicità!!!! Una tappa obbligatoria per chi visita Cernobbio e non è così fortunato da potersi godere questo luogo magico ogni giorno… Prima di concludere segnaliamo una particolarità..
 
 
photo Andrea Gatti
 
 
Vicino all’imbarcadero abbiamo riscontrato qualcosa di particolare: nel 2006  lo scrittore  Federico Moccia fece conoscere al mondo, tramite l’uscita di un suo famoso libro (Ho voglia di te) un ponte di Roma  conosciuto come il  ponte degli innamorati per via dei lucchetti che le coppie attaccano a delle catene posizionate per questo scopo… Non sappiamo se si tratti dello  fenomeno, ma sono spuntati numerosi lucchetti anche in Riva a Cernobbio, che presumiamo siano stati lasciati come pegno d’amore eterno da giovani innamorati rapiti dal questo luogo romantico..
 



 

Durante il periodo estivo vengono organizzati eventi e serate in cui gustare piatti della cucina locale. Il più famoso è quello organizzato dalla Canottieri ed attira da sempre un gran numero di visitatori. Ricordiamo anche l’appuntamento fisso del mercoledì mattina con il mercato e la possibilità di parcheggiare le auto all’interno dello spazio pedonale.

 

 

 
 

martedì 19 febbraio 2013

Cernobbio: Chiesa di San Vincenzo


La chiesa di San Vincenzo, il patrono del paese, è sicuramente la più bella chiesa di Cernobbio e sorge nel cuore del centro storico della cittadina. Le sue origini sono molto antiche poiché venne rinvenuta la sua presenza sul territorio in un documento del XII secolo. Fu consacrata dal vescovo Giambattista Mugiasca tra il 1757 e il 1775. La facciata fu realizzata nel 1861 dell’architetto Giacomo Bussi in collaborazione e soprattutto grazie al contributo economico e morale del canonico di Sant’Ambrogio a Milano, don Gianorini che amava molto la bella città lariana . La facciata è in classico stile barocco, con un bellissimo gioco di colori che creano un bellissimo effetto: la purezza dell’intonaco beige che si sposa con il rosso delle decorazioni in cotto.





Nelle due nicchie che ornano il portale sono rappresentati San Costantino e Sant’Ippolito. Entrando nell’edificio a sinistra dell’ingresso vi era l’antico battistero. Il fonte fu rimosso e posto, da don Umberto Marmori, in giardino per portare tutte le celebrazioni alla chiesa del Santissimo Redentore. L’altare laterale destro accoglie una statua in gesso della Madonna Addolorata databile agli inizi del Novecento, proveniente dalla nuova chiesa del Santissimo Redentore a Cernobbio.
L’altare di sinistra è settecentesco. La volta della chiesa è affrescata divinamente dai pittori Lietti e Torildo Conconi con una Gloria di Angeli e con i Quattro Evangelisti. La volta del presbiterio è invece decorata con la Santissima Trinità adorata da San Vincenzo e le pareti con Episodi della vita di San Vincenzo e San Lorenzo. L’altare della chiesa è in legno dipinto e costituisce una copia dell’originale che andò distrutto nel 1978 a causa di un incendio. Una bellissima statua raffigurante la Madonna del Rosario del Seicento è posizionata nella nicchia centrale opera del comasco Giovanni Gaffuri detto il Vecchio, un artista, scultore ed intagliatore molto attivo nel territorio comasco. Sul fondo della navata sono collocate altre due statue di fine Ottocento: Sant’Abbondio e Sant’Ambrogio. Oltre alle numerose opere d’arte è di proprietà della Chiesa anche un Crocefisso databile agli inizi del Cinquecento da utilizzare in processione opera di uno degli orafi più famosi del tempo: Francesco di Ser Gregorio da Gravedona, appartenente alla famiglia dei discendenti di Ser Gregorio da Canova.



La preziosa Croce processionale è datata 1508 e possiamo risalire con facilità alla data poiché questo gioiello ha molte analogie con un’altra Croce fatta dallo stesso orafo destinata alla prepositurale di S. Vincenzo in Gravedona; rubata e distrutta nel 1920 dove è però presente una documentazione fotografica. Si è potuto così riscontrare le analogie formali tra le due opere. Anche l’organo, posto nella controfacciata è un’opera d’arte realizzato della casa organaria Bernasconi, fornitrice ufficiale del Duomo di Milano. San Vincenzo è stata la chiesa parrocchiale di Cernobbio fino al 1935 quando il titolo passò alla nuova chiesa del SS Redentore. A lato della chiesa antica è rimasta la canonica del prevosto. La chiesa ha subito un intervento di restauro al campanile nel 2005. Ricordiamo che san Vincenzo si trova nel centro storico a pochi passi dal lago e sicuramente merita una visita da parte degli amanti dell’arte e non solo..


 

lunedì 18 febbraio 2013

Davide Van de Sfroos: biografia di un poeta del lago


Davide Bernasconi nasce a Monza  l’11 maggio 1965 e cresce a Mezzegra, nel cuore del lago di Como. Van de Sfroos è un cognome fittizio che restituisce foneticamente, nel dialetto comasco, la frase Vanno di contrabbando (o, meglio, Vanno di frodo). Quasi tutte le sue canzoni fanno capo al lago, al suo spirito profondo, ai suoi lati sporchi e puliti, alle sue luci e alle sue ombre. Le storie che raccontano hanno come sfondo i paesi rivieraschi, senza però perdere mai d’occhio la città. La maggior parte dei testi di Davide Van De Sfroos è pensata, scritta e cantata in dialetto tremezzino  altrimenti detto laghée : una lingua più che un dialetto, resa ancor più evocativa e suggestiva da storie ricche di poesia. Nel 1985 Davide Van De Sfroos inizia la sua carriera con le prime esperienze musicali nei “Potage”, gruppo di ispirazione punk. Nel 1990  forma i De Sfroos e comincia a lavorare alle prime canzoni, fino alla pubblicazione delle prime registrazioni in studio (“Ciulandàri!”, 1992), e dal vivo (“Viif”, 1994).  Nel 1995 i de sfroos si affermano sulla scena musicale con la pubblicazione di “Manicomi”, album che contiene successi come “La Curiera”, “De Sfroos” e “Poor Italia” e che non è stato mai più ristampato, diventando un cimelio introvabile per i fan del cantautore di Mezzegra. Nel 1998 i De Sfroos si sciolgono. Nel 1997 Davide Van De Sfroos pubblica il suo primo libro di poesie “Perdonato dalle Lucertole” .  Nel 1999 Davide Van De Sfroos pubblica il suo primo album da solista “Breva & Tivan”, che suscita un forte interesse da parte della critica. Nello stesso anno Davide riceve il Premio Tenco come “Miglior Autore Emergente”. Quasi contemporaneamente viene pubblicato il mini-cd “Per Una Poma” con tre canzoni, “La Poma”, “Caino e Abele” e “Il Diluvio Universale”, in cui vengono riproposti in tono scanzonato i racconti biblici di Adamo ed Eva, di Caino e Abele e del Diluvio Universale. Nel 2000 viene pubblicato il secondo libro di Davide Van de Sfroos “Capitan Slaff”, un poema epico dialettale ambientato in un tempo mitico sulle sponde del Lario. Nel 2001 Davide pubblica l’album di inediti “…E Semm Partii”, che entra in classifica ottenendo un successo clamoroso e conquistando il disco d’oro con 50.000 copie vendute. Nel 2002 Davide Van De Sfroos riceve per la seconda volta il Premio Tenco per “…E Semm Partii” come “Migliore Album in Dialetto”. Nel 2003 esce “Laiv”, un doppio disco quasi interamente registrato dal vivo con 24 brani tra cui 4 inediti: “Sciuur Capitan”, “L’Esercito delle Dodici Sedie”, “Sguarauunda” e “I ann selvadegh del Francu”. Il successo dell’album consacra Van De Sfroos a livello nazionale, con 35.000 copie vendute in sole tre settimane dall’uscita. Nello stesso anno il cantautore laghée pubblica il romanzo “Le Parole Sognate dai Pesci” .  Nel 2005  esce l’album “Akuaduulza”, con quattordici brani inediti che ottengono un ampio consenso di pubblico e critica. L’“Akuaduulza Tour”, che parte a marzo, fa tappa nei più importanti festival d’Europa tra i quali “Pistoia Blues”, “Folkest”, “Rapperswille Jazz & Blues Fest” e “La Notte della Taranta” a cui seguono numerosi concerti in Europa con date a Madrid, Bruxelles e Berlino. Il 3 settembre, su Rai2, va in onda “Akuaduulza ovvero Nashville, provincia di Como”, film documentario scritto e diretto da Giovanni Ribet, in cui si racconta il Lago di Como attraverso le parole e le canzoni di Davide Van De Sfroos. Il 23 novembre debutta in libreria “Il Mio Nome è Herbert Fanucci” (edito Bompiani), un romanzo che in poco meno di un mese vende 20.000 copie. Nel 2006  dopo le prestigiose esibizioni al “Marriot Hall Center” di New York e successivamente al “French Quarter Festival” di New Orleans, a dicembre Davide Van De Sfroos pubblica il suo primo dvd live “Ventanas – Suoni Luoghi Estate 2006”. Lo stesso anno il cantuautore laghée è protagonista, in qualità di direttore artistico, de “La Porta Aperta”, progetto di formazione e recupero rivolto ai giovani del lago e delle valli vicino a Como. Nel 2007  parte il “Davide Van De Sfroos Tour ” che tocca ogni angolo d’Italia. In questa occasione Davide Van De Sfroos suona per la prima volta in Sicilia al prestigioso “Summertime Blues Festival” che si svolge ad Alcamo (TP). Anche quest’anno Van De Sfroos è impegnato con il progetto “La Porta Aperta”. Nel 2008 esce  “Pica!”, album con 15 brani inediti, tra cui “Il Minatore di Frontale” e “Luna di Picche”, le prime due canzoni in cui Davide affianca al dialetto laghée una parte del testo in italiano. Ad una settimana dalla pubblicazione, “Pica!” conquista il quarto posto nella classifica ufficiale Fimi/Nielsen degli album più venduti in Italia. L’autorevole rivista “Buscadero” dedica a Davide la copertina del numero di febbraio. Il 19 aprile Davide Van De Sfroos sale sul palco del Forum di Assago (Milano): il risultato è un clamoroso SOLD-OUT con oltre 12.000 spettatori accorsi da tutta Italia, registrati in prevendita!!! E’ l’anteprima di un corposo tour estivo, che porta l’artista nei maggiori festival e piazze del Paese. A ottobre giunge per Davide Van De Sfroos il terzo Premio Tenco con “Pica!” per il “Miglior Album in Dialetto”. Nell’estate Davide è direttore artistico di “Lario Éstival Musicabaret”, rassegna di spettacoli e intrattenimento che ha coinvolto importanti artisti musicali, tra cui Giuliano Palma, il James Taylor Quartet, Massimo Bubola e Gabriele Cirilli. Inoltre prende il via un nuovo progetto di cui Van De Sfroos è direttore artistico, “Musica in Rete”: un percorso che dà ai giovani la possibilità di aggregarsi in strutture adeguate e moderne per imparare a fare musica. Ad ottobre Davide segue il progetto Il “Sentiero dei Grandi Piccoli”, un percorso formativo-culturale di valorizzazione della identità e delle tradizioni locali per i bambini delle scuole elementari della Provincia di Sondrio. Nel 2009 parte il Pica Tour Teatrale che tocca le principali città italiane (Milano, Genova, Firenze, Bologna, Torino, Verona e Como) e che si conclude all'Auditorium Parco della Musica di Roma. A maggio esce nelle edicole “40 Pass”, il cofanetto allegato al Corriere della Sera che raccoglie la produzione del cantautore laghèe in 6 dischi: 4 cd, in cui sono raccolti 38 successi riarrangiati e registrati durante il tour teatrale di “Pica!” e durante i 2 concerti tenuti all’Auditorium della RSI a Lugano, a cui si aggiungono i 2 inediti “Singul De Punta” e “El Fantasma Del Laagh”, e 2 dvd contenenti le riprese del concerto al Forum di Assago. A maggio inizia il tour estivo “40 Pass Tour 2009” che tocca numerose piazze e festival d’Italia. A novembre la Regione Lombardia affida a Davide Van De Sfroos il ruolo di direttore artistico di “Id&m – Identità & Musica”, il primo festival dedicato alla musica dei territori, che ha luogo il 7 e 8 novembre al Teatro degli Arcimboldi di Milano. Il festival è l’occasione per uno storico duetto: Francesco De Gregori, ospite del festival, invita Davide Van De Sfroos sul palco per cantare “Generale” intrecciata con “Sciuur Capitan” del cantautore laghèe.
 
 
 
Il 13 novembre parte dalla Valtellina, con un doppio sold-out, il “Davide Van De Sfroos Show”, nuovo tour teatrale che prevede ogni sera un ospite a sorpresa: da Ale e Franz a Max Pezzali, da Frankie Hi-Nrg a Mara Maionchi, da Platinette a Francesco Baccini, da Syria a Fabio Treves. Nel 2010  parte il “Club Tour 2010” che vede esibirsi Davide Van de Sfroos nei più importanti club d’Italia (con una tappa al “Dingwalls” di Londra) in una nuova veste musicale più “elettrica”. Il “Club Tour 2010” si conclude il 9 maggio nella prestigiosa cornice del “Blue Note Milano”.Il 28 maggio 2010 con un’anteprima a Capodistria (Slovenija) parte il nuovo “Tour Estivo 2010”.A settembre Van De Sfroos partecipa in qualità di direttore artistico al MOA (Music On Air- Salone della Musica) di Cernobbio che si svolge dal 17 al 19 settembre a Villa Erba. La giornata finale della manifestazione vede come protagonista “Davide Van De Sfroos & Friends”, un concerto in cui Il cantautore laghée duetta con artisti del calibro di Roberto Vecchioni, Max Pezzali, Syria, Peppe Voltarelli, Mauro Ermanno Giovanardi (dei La Crus), Fabio Treves e Frankie HI NrG. Nel 2011  Davide Van De Sfroos partecipa alla 61° edizione del Festival di Sanremo con “YANEZ”, un brano scritto e cantato in dialetto tremezzino (o laghée) sul celebre corsaro portoghese “Yanez De Gomera” che segue fedelmente il bornese Sandokan nel ciclo romanzesco dei “Pirati della Malesia” di Emilio Salgari, piazzandosi quarto in classifica. Davide Van De sfroos è il primo artista a partecipare al festival di Sanremo con un brano in dialetto (diverso da quello partenopeo). Il 15 marzo esce il nuovo album di inediti dal titolo “Yanez” (su etichetta PDT e distribuzione Universal) e il 26 marzo parte da Locarno “Yanez Tour 2011” un intenso tour teatrale che attraversa i principali teatri dal nord al sud d’Italia. L’1 giugno a Verbania inizia per il cantautore lagheè il tour estivo “Yanez Tour 2011” per una lunga estate live nelle principali piazze e festival italiani. il 15 novembre esce BEST OF: una raccolta che contiene un doppio CD con i grandi successi del cantautore laghée dall’inizio della sua carriera nel 1999 ad oggi, con 2 brani inediti home made – nel senso vero e proprio di “incisi a casa” - e un DVD che racconta l’estate trascorsa in tour attraverso video live, backstage e riprese on the road.
 
 
lago di Como (foto Andrea Gatti)
 

domenica 17 febbraio 2013

Alessandro Volta : uno dei fisici più famosi d'Europa


Il conte Alessandro Volta nasce a Como il 17 Febbraio del 1745 e vive gli anni della sua infanzia e dell'adolescenza nella villa che attualmente è situata in città. Sin da giovane si avvicina agli studi scientifici e scopre un'innata passione per lo studio dell'elettricità, tanto da scrivere nel 1763, all'età di 18 anni, i suoi primi saggi sull' elettrologia. All'età di 30 anni, nel 1775, diviene professore di fisica sperimentale al Liceo Ginnasio Statale di Como. Nello stesso anno costruisce l'elettroforo, un rudimentale dispositivo che consentiva di trasferire cariche elettrostatiche per induzione e sfregamento. Nel 1778 si trasferisce a Pavia dove diventa professore di fisica sperimentale e nella cui università venne costruita in suo onore l'Aula Volta per volere dell'imperatrice maria Teresa d'Austria. Nel frattempo si accresce sempre di più la notorietà di Volta che diviene membro delle maggiori società europee dell'ambito scientifico.
 
 
 
Tra le principali scoperte di Volta quella che forse ha avuto il maggiore peso storico è senza dubbio quella del gas metano nel 1776. In quegli anni Volta condusse degli esperimenti sulla chimica dei gas e quasi per caso si accorse di alcuni strani fenomeni di combustione di alcune sostanze nei pressi di una palude del fiume Lambro. Lo scienziato studio per molto tempo gli effetti di questo gas, soprattutto la sua infiammabilità, tanto da battezzarlo inizialmente "aria infiammabile di palude". Nel 1800 invece sviluppa l'invenzione per la quale è maggiormente ricordato, la Pila il primo generatore di energia elettrica della storia. Il suo funzionamento è dato dalla differenza di potenziale che si crea tra i vari strati della pila, in origine dischi di zinco e rame, separati tra loro da una sostanza acida.
 
 
 
Nel 1794 sposa Teresa Peregrini da cui ha tre figli: Zanino, Flaminio e Luigi. Nel 1809diventa senatore del Regno d'Italia e l'anno dopo Conte. Nel 1815, sotto l'impero Asburgico, gli viene conferito il titolo di Cavaliere dell'Ordine Imperiale Austriaco della Corona Ferrea. Nel 1819 si ritira a vita privata nella sua residenza di campagna a Camnago, a poco distanza da Como, dove passerà la sua vita fino al 5 marzo 1827, data della sua morte. Alessandro Volta è stato un grande scienziato, fisico autodidatta che rivoluzionò il mondo dell'elettricità con le sue macchine, teorie e scoperte al punto che Einstein considerava l'invenzione della pila come la "base fondamentale di tutte le invenzioni moderne"
 
 

Alessandro Manzoni: massimo esponente del romanticismo italiano

Ritratto di Alessandro manzoni di Francesco Hayez

Uno dei maggiori autori della letteratura italiana e forse il massimo esponente del nostro romanticismo.   Alessandro Manzoni  nacque a Milano nel 1785 dal nobiluomo Pietro e Giulia, la figlia di Cesare Beccaria. Fra il 1791 e il 1800 frequento i  collegi dei padri somaschi a Merate e a Lugano, successivamente quello dei  barnabiti a Milano. Quando uscì dal collegio aveva sedici anni con idee molto razionaliste. Si inserì  nell’ambiente culturale milanese del periodo napoleonico. Strinse un legame con i profughi napoletani Cuoco e Lomonaco e  frequentò poeti già noti come Foscolo e Monti. Nel frattempo la sua famiglia si sciolse, la madre si separò dal marito e si trasferì a Parigi con il nuovo compagno  Carlo Imbonati, e dopo la morte di quest’ultimo nel  1805, Alessandro si stabilì da lei in Francia. Questi anni  influirono concretamente sulla sua formazione culturale.


A Parigi frequentò ambienti intellettuali popolati da personaggi come Cabanys, Tracy, Thierry, di posizioni liberali e di forte rigore morale. Il rapporto più importante per il Manzoni fu quello stretto con Claude Fauriel: attraverso un fitto scambio epistolare durato qualche anno, a poco a poco, questi divenne per il  Manzoni un importante punto di riferimento nella sua attività di scrittore. Nel 1808 si sposò con Enrichetta una giovane residente a Milano, e il matrimonio contribuì a cambiare molto il Manzoni poiché totalmente rapito dall’affetto che provava per la moglie subì il suo  l'influsso  calvinista, esercitando dei mutamenti sulla sua vita religiosa.


La conversione dell'Innominato di Birelli Arcangiolo


Nel 1810 lo scrittore lasciò Parigi per tornare definitivamente a Milano. La sua visione della realtà era ormai completamente improntata al cattolicesimo. Il mutamento si ripercosse anche sulla sua attività letteraria: smise di comporre versi classici , (l’ultimo esemplare rimane Urania, un poemetto del 1809) per dedicarsi alla stesura degli Inni sacri ( 1812-1815), che aprirono la strada ad una successiva produzione di stampo romantico, storico e religioso
In quegli anni il Manzoni si accostò a suo modo alle tesi romantiche, vivendo il rapporto con il suo tempo interpretandone gli ideali e l’impegno morale, sempre  alla ricerca di una lingua “viva”. Si avvicinò al movimento romantico milanese e ne seguì gli sviluppi e le riunioni  ma non partecipò mai  alle polemiche con i classicisti e declinò perfino l’invito a partecipare al «Conciliatore». Il suo atteggiamento era analogo nei confronti della politica: seguì con entusiasmo gli avvenimenti del 1820-1821, ma non vi partecipò attivamente e non venne colpito dalla dura repressione austriaca che ne seguì. Sono questi gli anni in cui esplose la sua vena creativa  in cui nacquero le odi civili, la Pentecoste, le tragedie come Il conte di Carmagnola, Adelchi, le prime due stesure de I promessi Sposi , inizialmente intitolato Fermo e Lucia, le Osservazioni sulla morale cattolica, il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, ai saggi di teoria letteraria sulle unità drammatiche e sul Romanticismo.


La signora di Monza di Giuseppe Molteni


Successivamente la vita di Manzoni fu funestata da crisi epilettiche ed  una serie interminabile di lutti come la morte della moglie: la morte di Enrichetta lo colpì duramente. Nel 1837 si risposò con Teresa Borri Stampa, assai inferiore intellettualmente a lui , che morì poi nel 1861. Seguì con animo caldo il corso del Risorgimento, di cui condivise gli ideali e le speranze. Nel 1861 divenne senatore del Regno. Nel 1873 morì a Milano, ottantotto anni, nella casa di via del Morone, in seguito a una caduta che gli aveva provocato gravi sofferenze per due mesi. Gli furono tributati solenni funerali, alla presenza del principe ereditario Umberto. Verdi gli dedicò la sua Messa da Requiem al primo anniversario dalla morte.  

 
Pescarenico

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien quasi a un tratto, tra un promontorio a destra e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda ricomincia per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni...

 

 
Lago di Como : foto di Andrea Gatti


 

venerdì 15 febbraio 2013

Angelo Michele Colonna: Pittore figurista e quadraturista del seicento




 
Angelo Michele Colonna, noto anche come Michelangelo Colonna , nacque a Rovenna (frazione di Cernobbio) il 21 settembre  1604, figlio di  Giovanni e di  Caterina. Da ragazzo lavorò a Como sotto lo pseudonimo di Caprera e iniziò ad interessarsi al mondo dell’arte. Il padre si trasferì a Bologna per lavoro ed era contrario all’interesse per l’arte da parte del figlio. Vincendo l'opposizione paterna, Angelo Michele frequentò a Bologna la bottega del pittore Gabriele Ferrantini. Successivamente fu scoperto da Girolamo Curti, il caposcuola dei quadraturisti bolognesi e divenne suo collaboratore per completare la sua  prima impresa ovvero la decorazione della villa Paleotti a San Marino di Bentivoglio. Il Colonna  dipinse anche gli affreschi nel Palazzo Albergati a Bologna. Nel 1625, con  la collaborazione  di Ambrogi, affrescò Villa Malvezzi-Campeggi a Bagnarola di Budrio. Nel 1622 partecipò quindi a lavori nel casino Malvasia a Trebbo di Reno, durante i quali  venne colpito da una malattia che lo costrinse ad abbandonare momentaneamente l'attività. Nel 1625 il Colonna, raccomandato da Alessandro Tiarini, aiutò a decorare la volta della Chiesa di Sant’Alessandro a Parma.  Questa impresa gli conferì una precoce notorietà e sarà successivamente chiamato a Firenze  dal granduca Ferdinando II de' Medici nel 1633 e nel 1636. Nel 1626 collaborò con Lucio Massari e Francesco Gessi alla decorazione dell’Oratorio di San Rocco a Bologna. Successivamente nel 1627 dipinse la Chiesa di San Michele in Bosco. Da quest’anno in poi il Colonna  seguì come figurista il Curti a Ravenna, a Ferrara, a Parma nel 1628,  a Modena nel 1631-32 fino alla sua morte nel 1632.  Dopo la morte di Curti, nel 1632, Colonna diede inizio ad una lunga collaborazione (fino al 1660) con Agostino Mitelli. Una delle prime opere nate da questa  collaborazione è la decorazione prospettica di una sala del palazzo che il cardinale Bernardino Spada, che era stato legato a Bologna, aveva allora acquistato in Roma.  
 
 
 
 
Nel  1636 il Colonna si reca a Firenze per affrescare tre sale dell'appartamento estivo del granduca a palazzo Pitti , la cui decorazione era stata interrotta dalla morte del pittore fiorentino Giovanni da San Giovanni. Qui dipinse una sala da solo mentre nelle altre  intervenne anche il Mitelli. Nel 1646 Colonna e Mitelli decorarono il palazzo Estense di Sassuolo. Lavorarono anche alla volta del distrutto Oratorio di San Girolamo di Rimini. Colonna e Mitelli completarono nel 1657 un’ “Assunzione” nella cappella del Rosario della basilica di San Domenico a Bologna. Fra il 1653 e il 1658 toccò alla galleria che porta all'altare maggiore della Chiesa di San Michele in Bosco. Nel 1658, Colonna si recò in Spagna per lavorare alla Corte di Filippo IV. Per questo lavoro venne inizialmente contattato da Diego Velázquez. Ritornato in Italia, nel 1662 collaborò con il discepolo del  Mitelli Giacomo Alboresi  e continuò ad essere particolarmente attivo nella città di  Bologna e a Firenze.
 
 
 
 
Nel 1671 Colonna si recò a Parigi con Alboresi ed  ottenne commissioni a Versailles, che però furono interrotte da un litigio che segnò la fine della loro collaborazione. Tornò a Bologna nel 1673 e dovette cercarsi un altro quadraturista scegliendo un suo ex allievo  Gioacchino Pizzoli. Nel 1677, ormai famoso per i lavori fatti per i sovrani di Francia e Spagna il Colonna viene chiamato a Lucca Chierici regolari della Madre di Dio, per i quali decorò la tribuna della chiesa di Santa Maria Corteorlandini. Nella stessa città fu interpellato per la decorazione dell'abside del duomo e dipinse anche  la sala grande della villa Arnolfini di Gragnano. Divenuto cieco negli ultimi anni divita, il Colonna  cessò di dipingere, ma la tradizione gli assegna ancora la decorazione della cappella di villa Sampieri, a San Lazzaro, presso Bologna, risalente al 1680, forse il suo estremo lavoro.
 
 
In questa occasione egli si valse probabilmente una volta di più della collaborazione del Pizzoli, che quello stesso anno sarebbe partito per la Francia con un altro suo allievo, Alessandro Gherardini. Questo straordinario pittore cernobbiese nato nella piccola frazione di Rovenna morì a Bologna nel marzo del 1687.

Leggende del Lago di Como: la Bella Ghita


Ghita, nomignolo derivato dal diminutivo di Margherita,  era una bella e brava ragazza di Moltrasio. Un giorno si recò a Cernobbio  a trovare dei parenti e si trattenne da loro per cena per godere di un’ottima compagnia e scambiare quattro chiacchiere davanti ad un buon piatto di polenta fumante. Il buio era ormai calato sul territorio lariano e la bella Ghita si diresse verso casa, La giovane accompagnata per un pezzo di strada dai parenti, fino alla punta del Pizzo per poi proseguire in solitudine. .  Ad un tratto udì qualcuno  fischiettare e la giovane pensò che fosse il suo fidanzato Tonio che le stava andando  incontro per non farla rincasare da sola. Purtroppo un’amara sorpresa si rivelò alla fanciulla poiché non incontrò l’amato, ma si imbatté in Tita, un poco di buono  che era in giro a quell’ora tarda. Il mascalzone importunò la giovane. La ragazza cercò di sfuggire al losco individuo e si lanciò in uno dei burroni in mezzo alle sterpaglie pregando la Madonna per essere salvata. Il balordo la seguì e caddero entrambi nel dirupo che scendeva verso il lago. Miracolosamente le vesti della bella Ghita si impigliarono nei rami di una pianta che ne impedirono la caduta. Mentre una ben più triste sorte toccò al Tita che precipitò nelle oscure acque del Lago e non riemerse più. La bella Ghita cominciò a gridare e fu portata in salvo dal suo fidanzato. La leggenda vuole che in quel funesto luogo venne vista in seguito una fiamma tremolante che fu definita come l’anima dannata dell’uomo malvagio.

Tra leggenda e realtà  la cornaca affermo’ che nel 1946 una medium avrebbe predetto l’apparizione del fantasma di Ghita e sembra che questo fatto sia veramente avvenuto.. Fu avvistata una leggiadra creatura con un lenzuolo candido e ondeggiante che si mostrò per oltre dieci minuti e sembra che il quodiano che all’epoca pubblico’ la notizia fosse in possesso anche di un reperto fotografico.  

Questa storia fu raccontata   per la prima volta da un barcaiolo soprannominato il “Bellasio” allo scrittore e patriota italiano Pier Antonio Curti che la leggenda nel suo libro Il lago di Como e il Pian d’Erba (1872).

La bellezza del lago di como e del suo territorio e’ fatta anche di questo.. leggende antiche che contribuiscono ad accrescere un alone di mistero a luoghi dalla  bellezza concreta.
 

Villa Pliniana: misteriosa bellezza sul lago di Como


La storica Villa Pliniana, la cui costruzione iniziò nel 1573, si trova nella zona occidentale del lago di Como, poco distante da Cernobbio. Il suo nome  deriva da una fonte che per la prima volta fu studiata dagli scrittori Plinio il Vecchio e  Plinio il Giovane. La sorgente  scaturisce da una grotta interna situata nel  corpo principale della villa e ha una peculiarità davvero curiosa ovvero l’intermittenza del suo getto, uno strano  fenomeno che  fu studiato anche da  Leonardo da Vinci. La villa è stata visitata da numerosi personaggi illustri del passato come  Napoleone, Shelley, Stendhal, Foscolo, Rossini Fogazzaro, Byron, Bellini e  Churchill. Villa Pliniana gode di posizione e privacy uniche essendo situata in un’insenatura boscosa sul lago, la sua ricca storia e la sua fama ne fanno un luogo di attrazione per la vita culturale e sociale. È una delle ville più famose del lago, appartata ed austera gode di posizione e privacy uniche e la sua ricca storia e la sua fama ne fanno un luogo di attrazione davvero unico. L’edificio è imponente e dall’aspetto sinistro e misterioso. Il modo migliore per ammirarla è dal lago su una barca e noterete quando vi avvicinerete che su tutta la struttura gravi un alone di insolita inquietudine. Una perfetta dimora per gli spiriti che le leggende ricordano come disturbatori del primo proprietario della Pliniana il  conte Giovanni Anguissola , rifugiatosi sul Lario  dopo aver preso parte a una  congiura  in cui venne ucciso Pier Luigi Farnese. Successivamente la villa fu venduta al conte Pirro Visconti Borromeo, ma i primi lavori di restauro vennero fatti dai Canarisi e dal principe Emilio Barbiano di Belgioioso. La villa, tutt’ora disabitata, appartiene dal 1983 alla Società Immobiliare Pliniana, che ne ha iniziato un lento lavoro di restauro storico. La sua destinazione è incerta: scartata l’idea di trasformarla in convento, si pensa di adibirla ad un centro studi. La villa presenta una  grandiosa facciata sulla quale si allineano quattro ordini di finestre e al centro un portico a tre arcate. Il piano nobile è caratterizzato da un'elegante loggia mentre tra le sale interne sorge l’elegante l salone principale con uno splendido soffitto a lacunari ottagonali di legno scolpito e  dorato e un pregevole  "Ritratto di Cristina di Belgioioso", opera del grande  Francesco Hayez (Venezia, 1791-1882).

 

sabato 9 febbraio 2013

Michelangelo Merisi: un rapido sguardo alla sua vita tormentata

Caravaggio ha sempre fatto parlare di sé : in passato, nel presente e sicuramente nel futuro...
 

Michelangelo Merisi nacque nel 1571. Perse il padre prematuramente e successivamente anche la madre all’età di vent’anni. Non è certo se il luogo di nascita del pittore sia stato Caravaggio o un paese in provincia di Bergamo, dove si era trasferita la famiglia per scappare dalla peste, in ogni caso lui si “firmò” sempre come  Michelangelo Merisi da Caravaggio e  per questo motivo è conosciuto semplicemente come il “Caravaggio”. Nel 1592 lasciò definitivamente la Lombardia e si trasferì a Roma dove diventò apprendista presso la bottega di Lorenzo il Siciliano e Antiveduto Grammatica per cercare nuovi stimoli, ma ambedue si rivelarono poco gratificanti sia artisticamente che economicamente. Caravaggio aveva in sé il dono della pittura e con questa esperienza  imparò  a dipingere velocemente ed in serie. A 23 anni entrò nella bottega di un altro pittore molto famoso ed apprezzato a Roma : il  Cavalier d’Arpino, e durante questa esperienza il Caravaggio si dedicò molto alle pitture morte ed ai fiori. L’idilliaco momento non durò a lungo a causa del brutto carattere del Caravaggio che si scontrò più volte con il suo maestro. L’anno della svolta fu  1595 quando  Caravaggio  conobbe il Cardinale Francesco Maria del Monte che notò immediatamente la qualità e le doti artistiche del giovane pittore ed offrì la sua preziosa protezione verso il suo pupillo. Grazie a questo incontro,  Caravaggio ottenne numerose committenze sia private che pubbliche e la sua fama si diffuse in tutta la  capitale. Il rapporto di Caravaggio con i soggetti sacri commissionati dalla chiesa fu  sempre burrascoso a causa della sua indole irrequieta e  moltissime pale d’altare e opere a tema sacro che gli erano state commissionate furono poi rifiutate suscitando scalpore e risentimento. Il suo carattere ancora una volta mise freno alla  sua attività artistica e le sue abitudini e frequentazioni di taverne e luoghi malfamati lo misero al centro di risse e problemi. Il Caravaggio non era uomo da tirarsi indietro di fronte ad una disputa e si trovo spesso in situazioni spiacevoli che riuscì a risolvere grazie all’intervento di qualche amico potente. Purtroppo l’esito di un ennesima rissa nel 1606 non fu delle migliori: Caravaggio rimase ferito ma uccise un uomo: Ranuccio Tommasoni. Accusato di omicidio venne condannato alla decapitazione, così dovette fuggire a Napoli per evitare la morte. Successivamente nel 1607 Caravaggio partì per Malta, ma poco dopo fu espluso dal territorio a causa della condanna a morte che pendeva sulla sua testa. Caravaggio fu definito come un uomo  foetidum et putridum”( fetido e putrido) e fu espluso da Malta.
 
Subito dopo nei due anni successivi andò in Sicilia dove fu aiutato a trovare lavoro dall’amico Marco Minniti. Caravaggio era estremamente inquieto per il peso della sua condanna che dava diritto a chiunque di decapitarlo. Lasciò la Sicilia per tornare a Napoli ospite della marchesa Colonna. In questo periodo viene a sapere della possibilità di cancellazione della condanna da parte del Santo Padre Paolo V così si imbarcò su una nave per Porto Ercole deciso ad incontrare il Papa portando con se una tela come merce di scambio, ma purtroppo venne arrestato erroneamente. Caravaggio aveva l’assoluto bisogno di recuperare il suo bagaglio compresa la tela per la sua definitiva libertà: un'opera, il "San Giovanni Battista" (della Borghese) in cambio della revoca della pena di morte; pertanto, quella cassa  era da recuperare assolutamente. Quando gli Orsini lo liberarono, fornirono al Caravaggio una loro imbarcazione con marinai per giungere a Porto Ercole per recuperare le sue cose, l'artista giunse mentre la nave stava ripartendo riportando a Napoli i suoi averi. In preda alla febbre e alla disperazione per veder svanire le sue speranze di salvezza, Caravaggio vagò delirante sulla spiaggia di Porto Ercole  e morì delirante il 18 luglio 1610. Aveva 39 anni. Pochi giorni dopo, giunse a Napoli la lettera, il condono papale che lo sollevava dalla sua condanna. Interessanti gli studi condotti recentemente dal prof Vincenzo Pacelli , grande esperto del Merisi, il quale  supportato da documenti dell'archivio di Stato e dell'Archivio Vaticano,  sposta nella laziale Palo il luogo della morte del grande artista per mano di emissari dei  cavalieri di Malta con il ''tacito assenso della Curia Romana''.
 
 
Ancor più recente l’ultime notizie in merito al Merisi arrivano da Milano con i  100 disegni del  Fondo Peterzano del Castello Sforzesco attribuiti al Caravaggio da due esperti bresciani. La notizia dell'attribuzione dei disegni ad un giovane  Michelangelo Merisi ha fatto il giro del mondo, destando  curiosità  e  l'indignazione da parte del  mondo accademico. Questa vicenda ha portato allo scoperto ad un altro  grande ed esperto critico d’arte bresciano, il dr.  Davide Dotti che si è opposto in prima persona esponendo la propria versione appoggiata e condivisa da moltissimi esperti. Davide Dotti è molto esperto di paesaggi e vedute lombarde del Seicento, non che scopritore di un Guercino inedito ed ha presentato prove inequivocabili che fanno cadere ogni sospetto.  Non si tratta di Caravaggio! Successivamente un altro pool di esperti di fama nazionale ed internazionale hanno preso in esame la vicenda confermando che non si tratta di opere del  Caravaggio e  il Comune di Milano ha deciso di presentare  una doppia denuncia contro gli autori dell’allarme sui disegni del  Merisi  spacciati per buoni.
 
Il critico d'arte Davide Dotti
 
 
un articolo riguardante la vicenda dei disegni del Castello Sforzesco

STORIA DI SAN VALENTINO


La leggenda di san Valentino è celata in molteplici affascinanti storie.. la prima narra la storia di  Sabino un giovane centurione romano, che passeggiando per una piazza di Terni, vide una bellissima fanciulla di nome Serapia e se ne innamorò follemente.
Sabino chiese ai genitori dell’amata di poterla sposare ma ricevette un secco rifiuto: Sabino era pagano mentre la famiglia di Serapia era di religione cristiana. Per superare questo ostacolo, la bella ragazza suggerì al suo amato di andare dal loro Vescovo Valentino per avvicinarsi alla religione della sua famiglia e ricevere il battesimo, cosa che lui fece in nome del suo amore.
Purtroppo, proprio mentre si preparavano i festeggiamenti per il battesimo di Sabino ( e per le prossime nozze), Serapia si ammalò di tisi. Valentino fu chiamato al capezzale della ragazza oramai moribonda. Sabino supplicò Valentino affinché non fosse separato dalla sua amata: la vita senza di lei sarebbe stata solo una lunga sofferenza. Valentino battezzò il giovane, ed unì i due in matrimonio e mentre levò le mani in alto per la benedizione, un sonno beatificante avvolse quei due cuori per l'eternità. Un'altra storia  sostiene che mentre Valentino era in prigione in attesa della sua esecuzione per motivi religiosi,  si sia innamorato della figlia cieca del guardiano, Asterius, e che con la sua fede avesse ridato miracolosamente la vista alla fanciulla e che, in seguito, le avesse firmato il seguente messaggio d'addio: "dal vostro Valentino," una frase che visse lungamente anche dopo la morte del suo autore e che campeggia ancor oggi sui bigliettini di molti innamorati. Un’altra narra che un giorno San Valentino sentì passare, al di là del suo giardino, due giovani fidanzati che stavano litigando. Decise di andare loro incontro con in mano una magnifica rosa. Regalò la rosa ai due fidanzati e li pregò di riconciliarsi stringendo insieme il gambo della rosa, facendo attenzione a non pungersi e pregando affinché il Signore mantenesse vivo in eterno il loro amore.
Qualche tempo dopo la giovane coppia tornò da lui per invocare la benedizione del loro matrimonio.
La storia si diffuse e gli abitanti iniziarono ad andare in pellegrinaggio dal vescovo di Terni il 14 di ogni mese.
Il 14 di ogni mese diventò così il giorno dedicato alle benedizioni, ma la data è stata ristretta al solo mese di febbraio perché in quel giorno del 273 San Valentino morì.



La festa di San Valentino fu istituita un paio di secoli dopo la morte di Valentino, nel 496, quando papa Gelasio I decise di sostituire alla festività pagana della fertilità (i Lupercalia dedicati al dio Luperco) con una ispirata al messaggio d'amore diffuso dall'opera di san Valentino. Il patrono dei fidanzati e degli innamorati che ha ispirato anche una gentile tradizione alla sua festa è sepolto a Terni di cui fu, secondo la tradizione, vescovo.



Tale festa ricorre annualmente il 14 febbraio ed oggi è conosciuta e festeggiata in tutto il mondo.


 
bellissima opera di sir frank Dicksee : Romeo e Giulietta
 
 
BUON SAN VALENTINO A TUTTI GLI INNAMORATI

venerdì 8 febbraio 2013

Carmelo Consoli: grande pittore figurativo italiano




Carmelo Consoli è nato nel 1940 da genitori siciliani.
Fin da giovanissimo ha dimostrato una profonda passione per l’arte tanto che già nel 1958 fa le prime apparizioni in pubblico, nello scenario suggestivo e stimolante della Fiera di Via Margutta. Ha effettuato studi umanistici ed artistici, proseguendo poi lo studio della figura con L. Ciavatta e perfezionandosi in pittura presso l'Accademia Spagnola a Roma.
Nel 1966 Consoli è invitato a Parigi quale rappresentante dei pittori romani. Qui si ferma per un lungo periodo di studio.
Dal 1967 inizia a soggiornare in varie località dell’Italia meridionale  dove, soggiogato ed affascinato dai colori e dalla bellezza dei luoghi, dipinge con foga, mantenendo fede all’intima esigenza del contatto diretto con la natura. Numerose mostre e rassegne sanciscono la sua definitiva affermazione.
Nel 1971 rientra a Roma, dove prosegue la sua attività con sempre crescente successo, fino al 1976, quando si stabilisce definitivamente in Umbria, alle porte di Perugia. Quasi cinquant'anni di severa e colta attività artistica; oltre duecento personali, partecipazioni a collettive e a concorsi; innumerevoli premi e riconoscimenti critici - questo è lo "Stato di servizio" di Carmelo Consoli, un pittore che costituisce un esempio di fedeltà al magistero dell’arte. 

*Per comprendere la vicenda pittorica di Carmelo Consoli bisogna risalire alle sue radici siciliane. Nasce a Roma, ma la sua famiglia appartiene a quell’isola solare, ed è stato quel mondo ereditato a condurlo alla pittura. Se oggi Consoli è un artista, è anche perché ha ragionato quotidianamente, con la libertà dell’autodidatta, sull’eredità dei grandi maestri del passato, sulla qualità dei toni, sulla fragilità degli impasti cromatici, sul controllo della stesura. La sua istintualità e la sua energia controllata rendono ogni tacca di colore una riflessione poetica, che prima teorizza la situazione formale e che in seguito diventerà raffigurazione. Nel suo caso si tratta di un magico paesaggismo che definirei postimpressionista, elaborato con il gusto artigiano della tavolozza preparata con la massima attenzione. Osservando le composizioni di Consoli, si nota la propensione a giocare d’istinto. Il colore segna la sua figurazione in modo prepotente, rivelando una ricerca sistematica sulle potenzialità luminose delle cromie. Carmelo Consoli si è conquistato il suo indubbio professionismo attraverso l’impegno con cui ha maturato la sua tecnica giorno dopo giorno e, se nei suoi esordi rivelava ancora qualche soggezione per la materia pittorica, con il passare degli anni ha maturato una notevole forza espressiva di taglio postimpressionista. La sua istintualità e il suo coraggio creativo lo hanno portato a costruire paesaggi, dove il coesistere della cura del particolare e della ricerca spaziale si traduce in estensioni apparentemente ruvide e in parte informi. Ma se l’osservatore si mette nelle condizioni di cogliere queste composizioni da un angolo prospettico, che ne consenta una visione allargata, potrà ben vedere come tutte le componenti squisitamente informali vadano a ricollegarsi come tasselli in un tessuto pienamente riconoscibile. La tensione interna al suo modo pittorico di procedere è data dall’incisività con cui sono tracciati i tocchi segnici, che talvolta sono secchi e graffianti, e in altri casi, quando lo impongono le esigenze luministiche, morbidi e suadenti. L’intensità vitale della resa finale rivela all’osservatore una natura scenograficamente drammatica, che resiste allo sguardo e persiste nella memoria. Carmelo Consoli privilegia i risvegli primaverili, dove la predominanza delle tonalità solari allude a prospettive informali.

Nelle luci autunnali le cromie si oscurano in riflessi più ombrosi e contenuti. In ognuno di questi paesaggi è la Sicilia stessa a dialogare con lo spettatore, e le sue vecchie case arroccate sono protagoniste di una narrazione amorosa e nostalgica. In ogni caso qui il cielo ha poco spazio, e più spesso è del tutto assente. L’inquadratura si esaurisce nelle masse dense di colore dei colli, dei campi, che tuttavia esorbitano idealmente dai limiti della tela. Il suo verismo pittorico può anche trasfigurarsi, nel caso raro e particolare in cui è di scena la massa magmatica dell’Etna, in pennellate potenti e informi, dove il rosso si fonde con il nero e gioca di contrappunto con il giallo. Altrove prevale tuttavia la piena morbidezza dei toni, il gioco lirico delle stesure, il controllo severo della materia, che già appartenevano a Ennio Morlotti. L’opera di Consoli si risolve tutta nella severità di una continua verifica, che tiene evidentemente conto dell’espressionismo pittorico, in parte fauve, di tradizione postbellica, quando molti artisti passavano dalla figura all’informale. Ma qui la natura pulsa ancora vitale all’interno di una struttura pittorica informe, e si dilata nel contrasto dei colori.*



* critica di Vittorio Sgarbi