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martedì 24 aprile 2012

Marco di Lauro: la magia del Carnevale di Venezia sul Lago di Como


Il Carnevale di Venezia è una delle manifestazioni  più conosciute ed apprezzate al Mondo. Le sue origini sono molto antiche e  la prima testimonianza del carnevale venne da un documento di Vitale Falier, il trentaduesimo doge della Repubblica di Venezia nel 1094. In questo scritto si trovano chiari riferimenti a  divertimenti pubblici  cittadini  nel quale il vocabolo Carnevale venne citato per la prima volta. L’istituzione del Carnevale da parte del sistema di governo veneziano fu generalmente attribuita alla necessità della città di concedere alla popolazione, soprattutto ai ceti più poveri, un breve periodo dedicato interamente al divertimento, allo svago e ai festeggiamenti durante il quale i veneziani e i viaggiatori potevano ritrovarsi in strada  a far festa con musiche e danze utilizzando dei travestimenti. Indossando maschere e costumi era possibile celare totalmente la propria identità, nascondendo a tutti le origini umili o aristocratiche di chi le indossava, creando una sorta di uguaglianza tra tutti i cittadini di Venezia. Nascondendo il proprio volto svaniva ogni forma di appartenenza personale a classi sociali, sesso, religione e ognuno poteva sentirsi libero di essere qualcun altro per un breve periodo di tempo. Si narra che tutte le persone che incrociavano una maschera si rivolgessero a lei o lui con un’unica frase ovvero “Buongiorno signora maschera” ignorando totalmente chi fosse il suo proprietario: un uomo, una donna, un aristocratico, uno straniero o un membro della classe sociale più debole. La partecipazione gioiosa e  misteriosa  a questa festa di travestimento collettivo era, ed è tuttora, l’essenza stessa del Carnevale di Venezia. Tutta la città faceva parte  di un grande palcoscenico colorato e tutta la cittadinanza partecipava attivamente alla realizzazione di uno spettacolo suggestivo ed appagante. La fama del Carnevale uscì dai confini della città e si diffuse rapidamente e così a Venezia nacque  e si sviluppò un importante commercio di maschere e costumi a partire dalla seconda metà del 1200, una nuova professione commerciale che vive ancora oggi nella città lagunare. I materiali più comuni per la realizzazione delle maschere erano l’argilla,  la cartapesta, il gesso e  la garza. Dopo la prima fase che consisteva nella realizzazione del modello,  la maschera veniva terminata con perline, nastri, piume, lustrini ed abilmente colorata dagli artigiani maschereri. Uno dei travestimenti più comuni nel Carnevale antico (e moderno), è sicuramente la bauta. La bauta non era usata solo nei giorni di carnevale, ma per i Veneziani era un travestimento che utilizzavano in svariate occasioni. La bauta è formata da tre parti : un velo nero o tabarro, un tricorno nero, una maschera bianca.





La maschera  era composta da un ampio mantello a ruota nero che, partendo dal capo, scendeva lungo le spalle fino a coprire metà della persona. Sul capo veniva posto il tipico cappello nero a tre punte (tricorno) e sul volto veniva indossata una maschera bianca dal labbro superiore allargato e sporgente sotto un naso minuto che faceva cambiare il timbro della voce, rendendo quindi irriconoscibile chi la indossava. I Veneziani adoravano  questa maschera e  le persone più ricche  erano disposte a spendere moltissimo pur di avere i  tessuti più ricercati e pizzi raffinati per realizzarla.  Nel 1742 il Magistrato alle Pompe tentò  di fermare questo spreco di denaro inutile con diversi decreti e divieti ma  i Veneziani  in risposta aggirarono le imposizioni utilizzando il tabarro, un mantello molto apprezzato sia da uomini che dalle donne,  poichè permetteva loro di nascondere gli sfarzosi abiti ad occhi indiscreti. La bauta era utilizzata sia da tutti ed era d’obbligo alle donne che si recavano a teatro. Solo alle fanciulle in attesa di matrimonio era vietato il suo utilizzo. Durante il Carnevale i Veneziani si concedevano parecchie  trasgressioni e la bauta era perfetta per garantire  l’anonimato. Documenti dell’epoca riportarono che questo travestimento era utilizzato anche dalla classe religiosa da preti e monache che volevano divertirsi senza essere scoperti. Il complice  tabarro aiutava a nascondere le trasgressioni  che venivano compiute nel periodo del carnevale. Un altro costume tipico di quei tempi era la gnaga una maschera a forma di gatto  utilizzata da uomini, donne e da molti giovani che volevano coprire la propria omosessualità. In molti testi storici risultano scritti che indicavano molti giovani travestiti da gnaga aggirarsi nelle osterie e alle feste da ballo per praticare la sodomia e amoreggiare con persone del loro stesso sesso. Un’altro travestimento principalmente riservato alle signore era la moretta ovvero una maschera ovale di velluto nero e veniva utilizzata dalle dame quando si recavano a fare visita alle monache. La moda della Moretta fu  importata dalla Francia si diffuse velocemente a Venezia in quanto era una maschera che donava particolarmente ai  delicati lineamenti femminili soprattutto quando veniva ornata da veli, velette e cappellini . La Moretta era una maschera muta poiché la si portava tenendo in bocca un bottoncino. Tra le maschere veneziane più bizzarre c’è quella del  medico della peste  riconoscibile dal lungo naso simile al becco di una cicogna. In origine questa non era una maschera ma bensì una protezione che utilizzavano i dottori che venivano a contatto con gli ammalati di questo terribile morbo. Questa malattia uccise metà della popolazione di Venezia durante le due epidemie che sconvolsero l'Europa nel 1576 e nel 1630. I Medici della Peste inserivano delle erbe aromatiche all'interno del becco delle maschere, indossavano degli occhiali e toccavano gli appestati e i loro indumenti solamente con una bacchetta di legno. Tutti questi erano considerati mezzi di protezione indispensabili ma completamente inutili per non venire contagiati.



 


Il Carnevale non era solo divertimento e trasgressione. La legge puniva severamente che fosse colto in flagranza di reato con punizioni molto  pesanti: per gli uomini la pena era di due anni di carcere, il servizio per 18 mesi nelle galere della Repubblica Serenissima e il pagamento di una  “multa” di  500 lire alla Cassa del Consiglio dei Dieci. Le donne invece  venivano frustate da Piazza San Marco a Rialto (un bel tratto di strada), umiliate e messe in ridicolo di fronte a tutti in  Piazza San Marco e  bandite per quattro anni dal territorio della Repubblica Veneta ed ovviamente valeva anche per loro il pagamento della sanzione  alla Cassa del Consiglio dei Dieci. L’elenco dei divieti   procedeva di pari passo con l’evoluzione del Carnevale. Ogni anno infatti la legge imponeva un  nuovo limite per frenare questa baraonda irrefrenabile.  Nonostante tutto i Veneziani continuarono imperterriti a festeggiare il Carnevale. Per i vie della città vi erano attrazioni di ogni genere: giocolieri, acrobati, musicisti, danzatori, spettacoli con animali e varie altre esibizioni, che intrattenevano un variopinto pubblico di ogni età e classe sociale, con i costumi più fantasiosi e disparati. Oltre alle grandi manifestazioni all’aperto si diffusero  presto piccole rappresentazioni e spettacoli di ogni genere  presso le case private, nei teatri, nei caffè della città e nelle dimore dei ricchi  veneziani si organizzavano grandiose e sfavillanti feste con sfarzosi balli in maschera. Nel XVIII  il Carnevale  raggiunse il suo massimo splendore ed acquistò prestigio in tutta l’Europa, diventando un’attrazione turistica che fece di Venezia  una mèta ambita da migliaia di visitatori ansiosi di potersi mascherare. In quest’epoca ci fu un personaggio che contribuì alla fama della città, le cui avventure amorose sono famose in tutto il Mondo: Giacomo Casanova, avventuriero, scrittore, poeta, alchimista, matematico, filosofo ma sicuramente più noto a tutti come incorreggibile libertino. Il Carnevale di Venezia era ed è una magia sensazionale che rivive ogni anno in laguna,  anche sulle rive del Lago di Como grazie ad grande artista. Un maestro nella realizzazione delle maschere. Marco Di Lauro, è nato a Como il 15 Aprile 1969. Fin da ragazzo dimostrò un grande interesse  la pittura ed il disegno e dagli inizi degli anni ’80, si dedicò con maggiore interesse a tutto ciò che riguarda l’arte del creare. Le sue prime opere sono degli studi in bianco e nero, per poi approfondire con l’uso del colore. Alla continua ricerca di un proprio stile, si cimentò nella scultura, usando un materiale poroso che riuscì a modellare a suo piacimento.
E’ nei primi anni 90 , dopo un viaggio a Venezia decise di proiettare la propria fantasia e creatività nella realizzazione delle maschere. Nella nostra città è l’unico artista, che si propone la ricerca di linguaggi artistici alternativi, cercando di unire Venezia e Como in un’unica simbiosi, usando le maschere grezze della città lagunare con le sete e le stoffe prodotte nella sua città lariana. Le sue opere sono un crescendo con gli anni, e sono una rivisitazione di sensazioni oniriche che sconfinano in atmosfere surreali e fantasiose, mantenendo le radici ben salde con la tradizione degli artigiani veneti. Nelle sue maschere dalle quali emerge chiaramente la ricerca del passato, gli effetti di doratura e di colore, sono ottenuti attraverso una tecnica elaborata, che si basa sulla stesura di colori acrilici o smalti e la decorazione è ottenuta con la tecnica della foglia d’oro e del rilievo.   Il modo per rendere una maschera con relativo costume originale è per l’artista riuscire a realizzare un’immagine presente nella sua mente, trasformandola in realtà. Le sue opere non sempre sono frutto di un progetto, di una ricerca, di un bozzetto, ma sono la creazione istantanea di una sensazione e di un sentimento. La creazione di una maschera è qualche cosa che va oltre il mascherarsi, è forse l’unica cosa che riesce ad esprimere in qualche modo le sue sensazioni, la sua gioia di vivere, i suoi sogni e la serenità acquisita con gli anni, perché le sensazioni, le gioie e le emozioni non si possono catalogare, metterle in fila, etichettarle; le sensazioni non hanno un punto di inizio, né una fine….ed allora si mescolano, si confondono, si sviluppano attraverso la sua arte.
E’ così che inizia il viaggio della creatività ricco di magia ed emozioni.  Seguite il lavoro di marco a visitando il suo sito
blog.libero.it/marcodlmask/  o la sua pagina facebook Marco di Lauro e le sue creazioni
http://www.maskforsmile.com/



 
 
alcune creazioni dell'artista Marco di Lauro presso la galleria Estense Arte a Cernobbio