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venerdì 8 febbraio 2013

Carmelo Consoli: grande pittore figurativo italiano




Carmelo Consoli è nato nel 1940 da genitori siciliani.
Fin da giovanissimo ha dimostrato una profonda passione per l’arte tanto che già nel 1958 fa le prime apparizioni in pubblico, nello scenario suggestivo e stimolante della Fiera di Via Margutta. Ha effettuato studi umanistici ed artistici, proseguendo poi lo studio della figura con L. Ciavatta e perfezionandosi in pittura presso l'Accademia Spagnola a Roma.
Nel 1966 Consoli è invitato a Parigi quale rappresentante dei pittori romani. Qui si ferma per un lungo periodo di studio.
Dal 1967 inizia a soggiornare in varie località dell’Italia meridionale  dove, soggiogato ed affascinato dai colori e dalla bellezza dei luoghi, dipinge con foga, mantenendo fede all’intima esigenza del contatto diretto con la natura. Numerose mostre e rassegne sanciscono la sua definitiva affermazione.
Nel 1971 rientra a Roma, dove prosegue la sua attività con sempre crescente successo, fino al 1976, quando si stabilisce definitivamente in Umbria, alle porte di Perugia. Quasi cinquant'anni di severa e colta attività artistica; oltre duecento personali, partecipazioni a collettive e a concorsi; innumerevoli premi e riconoscimenti critici - questo è lo "Stato di servizio" di Carmelo Consoli, un pittore che costituisce un esempio di fedeltà al magistero dell’arte. 

*Per comprendere la vicenda pittorica di Carmelo Consoli bisogna risalire alle sue radici siciliane. Nasce a Roma, ma la sua famiglia appartiene a quell’isola solare, ed è stato quel mondo ereditato a condurlo alla pittura. Se oggi Consoli è un artista, è anche perché ha ragionato quotidianamente, con la libertà dell’autodidatta, sull’eredità dei grandi maestri del passato, sulla qualità dei toni, sulla fragilità degli impasti cromatici, sul controllo della stesura. La sua istintualità e la sua energia controllata rendono ogni tacca di colore una riflessione poetica, che prima teorizza la situazione formale e che in seguito diventerà raffigurazione. Nel suo caso si tratta di un magico paesaggismo che definirei postimpressionista, elaborato con il gusto artigiano della tavolozza preparata con la massima attenzione. Osservando le composizioni di Consoli, si nota la propensione a giocare d’istinto. Il colore segna la sua figurazione in modo prepotente, rivelando una ricerca sistematica sulle potenzialità luminose delle cromie. Carmelo Consoli si è conquistato il suo indubbio professionismo attraverso l’impegno con cui ha maturato la sua tecnica giorno dopo giorno e, se nei suoi esordi rivelava ancora qualche soggezione per la materia pittorica, con il passare degli anni ha maturato una notevole forza espressiva di taglio postimpressionista. La sua istintualità e il suo coraggio creativo lo hanno portato a costruire paesaggi, dove il coesistere della cura del particolare e della ricerca spaziale si traduce in estensioni apparentemente ruvide e in parte informi. Ma se l’osservatore si mette nelle condizioni di cogliere queste composizioni da un angolo prospettico, che ne consenta una visione allargata, potrà ben vedere come tutte le componenti squisitamente informali vadano a ricollegarsi come tasselli in un tessuto pienamente riconoscibile. La tensione interna al suo modo pittorico di procedere è data dall’incisività con cui sono tracciati i tocchi segnici, che talvolta sono secchi e graffianti, e in altri casi, quando lo impongono le esigenze luministiche, morbidi e suadenti. L’intensità vitale della resa finale rivela all’osservatore una natura scenograficamente drammatica, che resiste allo sguardo e persiste nella memoria. Carmelo Consoli privilegia i risvegli primaverili, dove la predominanza delle tonalità solari allude a prospettive informali.

Nelle luci autunnali le cromie si oscurano in riflessi più ombrosi e contenuti. In ognuno di questi paesaggi è la Sicilia stessa a dialogare con lo spettatore, e le sue vecchie case arroccate sono protagoniste di una narrazione amorosa e nostalgica. In ogni caso qui il cielo ha poco spazio, e più spesso è del tutto assente. L’inquadratura si esaurisce nelle masse dense di colore dei colli, dei campi, che tuttavia esorbitano idealmente dai limiti della tela. Il suo verismo pittorico può anche trasfigurarsi, nel caso raro e particolare in cui è di scena la massa magmatica dell’Etna, in pennellate potenti e informi, dove il rosso si fonde con il nero e gioca di contrappunto con il giallo. Altrove prevale tuttavia la piena morbidezza dei toni, il gioco lirico delle stesure, il controllo severo della materia, che già appartenevano a Ennio Morlotti. L’opera di Consoli si risolve tutta nella severità di una continua verifica, che tiene evidentemente conto dell’espressionismo pittorico, in parte fauve, di tradizione postbellica, quando molti artisti passavano dalla figura all’informale. Ma qui la natura pulsa ancora vitale all’interno di una struttura pittorica informe, e si dilata nel contrasto dei colori.*



* critica di Vittorio Sgarbi